PINCBAU
di Maurizio Coccia
Come sappiamo, il Dadaismo nacque a Zurigo intorno al 1916. Negli anni successivi si espanse in Europa e negli Stati Uniti. Tuttavia, gli esiti più radicali e densi di conseguenze per l’arte, li ottenne in Germania. Qui si potevano confrontare i diversi orientamenti in cui, all’epoca, si divideva il movimento. Estremamente politica la fase berlinese, ad esempio, mentre più attenta ai risultati artistici quella di Hannover.
Proprio in questa città si sviluppò l’avventura di un dadaista atipico: Kurt Schwitters. Il suo lavoro era basato principalmente sul recupero e sull’assemblaggio di materiali eterogenei, soprattutto scarti provenienti dalla società borghese. Queste composizioni, in seguito, furono poi riunite sotto il nome di Merzbau.
I lavori recenti di Andrea Pinchi mi hanno fatto tornare in mente queste vicende per svariati motivi. La sua ricerca, infatti, è molto cambiata, dopo l’esperienza della prima mostra a Basilea. Pur continuando nell’elaborazione di uno stile personale, che nasce dal suo amore per la musica e dalla costante frequentazione degli organi antichi, ho trovato in lui una consapevolezza più marcata, nell’uso dei materiali e nella definizione formale delle opere.
Nei primi tempi della nostra conoscenza, notai che la sua rabdomantica capacità selettiva (per dire: sceglieva con disinvoltura materiali del XV secolo, ma d’impressionante efficacia espressiva contemporanea) era subordinata al successivo trattamento pittorico, che finiva per prevalere. Era chiaramente una scelta, non una caduta di stile, ma vi avvertivo un’insoddisfazione latente. Come un’ansia di perfezionamento per un’idea che, pur nata vincente, si doveva sostenere con maggior forza proprio in virtù delle sue straordinarie potenzialità.
Ora Pinchi torna in Svizzera con una nuova serie di opere dal carattere più pronunciato. La descrizione spaziale è maturata, così il dosaggio cromatico, calibrato, sofisticato, convincente. I nuovi assemblaggi hanno perso l’alone poverista, per arricchirsi di una completezza geometrica e tattile sorprendente.
Per prima cosa, non sono più solo i lacerti, gli scarti della lavorazione sugli organi antichi, a diventare oggetti di attenzione. Pinchi adesso trova componenti intere, strutture complete da rielaborare. Con l’aggiunta di pezzi di giornale ingialliti, guarnizioni ossidate e piccoli interventi di colore. Ne risultano composizioni dal sapore storicista, tra Joseph Albers e, appunto, Schwitters. Uno Schwitters, però, educato alla Bauhaus.
Ecco l’altro elemento significativo. L’ispirazione degli ultimi lavori nasce proprio a Basilea, da uno strumento degli anni ’30 del XX secolo lì conservato, di scuola Bauhaus. Da questa radice modernista, Andrea Pinchi sembra assimilare il rigore progettuale, e l’ordine – quasi cartesiano – di questa recente produzione. Opere compiute e originali, di grande seduzione visiva, e in grado di declinare all’attuale una lingua che pareva destinata ai manuali di storia dell’arte.
L’istinto mostrato fino a qui, adesso, abbinato a questa nuova organizzazione delle componenti materiali, realizza una solida architettura di senso ed estetica che, curiosamente, dalla Svizzera torna alla Svizzera quasi in omaggio al più eretico dei dadaisti (che svizzero non era, ma pur sempre da lì traeva l’origine del suo percorso).
Nel suo inarrestabile processo di affinamento Andrea Pinchi, oltre ai materiali, è ormai in grado di donare nuova linfa anche ai movimenti artistici storicizzati. Le sue, più che citazioni sono parafrasi, ristrutturazioni grammaticali dell’avanguardia secondo una sensibilità da umanista “incallito” quale lui è. Costruttore di mitologie personali ad uso universale, che silenziosamente trasforma in edifici abitati da un doloroso sentimento del Tempo.
ANDREA PINCHI
di Stefano Frascarelli
Quello che stupisce nella pittura di Andrea è come l’Arte ed il Gioco si sfiorino ed in certi momenti coincidano. Il “gioco dell’arte” poi incuriosisce ancor di più nel momento in cui se ne apprende la provenienza. E’ il mondo del lavoro che ispira l’universo dell’arte: Andrea Pinchi di mestiere fa l’organaro, disegna e realizza organi moderni e si dedica con devozione alla riparazione di quelli vecchi o antichi. Da qui il passaggio, per lui, è breve…gli oggetti quotidiani del lavoro diventano gli elementi centrali e maggiormente espressivi dei quadri che Andrea realizza: pelli, stoffe, lamine, lastre metalliche, nobili oggetti e componenti di una macchina musicale che il tempo inevitabilmente usa e usura, rendendoli negli anni nobili resti, inservibili per il loro scopo originario, ma talmente ricchi di memoria e di armonia che la mano di chi con curiosità ed affetto li raccoglie non può fare a meno di mettere da parte per poi, notte tempo, ricomporli, assemblarli e renderli nuovamente vitali. Andrea così parte da una materia di per sé autonoma, vari elementi che ri-uniti secondo nuove istruzioni magicamente tornano a suonare una musica silenziosa e visiva, raffinata e giocosa, ma sempre memore dei luoghi e delle note solenni da cui proviene. Il colore di sfondo, spesso puro, celebra questa rinnovata e personalissima liturgia.
Gli elementi formali delle opere di Andrea Pinchi provengono dal suo lavoro di nobile artigianato, gli elementi contenutistici provengono ancor più dall’interno, le “anime” degli organi fanno risuonare l’animo di chi se ne prende cura. Nelle stoffe già segnate da uso e usura delle macchine musicali c’è già una parte del racconto che Andrea compone. In quanto artista riesce ad intravedere qualcosa che va al di là dell’apparenza e che ha le caratteristiche per contenere e veicolare i messaggi che vuole comunicare a noi che guardiamo. Così la fantasia intercetta la materia pre-esistente e la usa per raccontare delle storie. Accenni di figurazione si sommano alle figurazioni involontarie degli elementi utilizzati, parole policrome affiorano vicino ad elementi che diventano simboli; cuori, fiamme, anime, animali, insieme producono l’effetto di un raffinato rebus che in modo ammiccante ci racconta quello che rimane, quello che Andrea non esprime parlando e lascia intravedere dietro uno sguardo e un sorriso.
It’s a jungle in here:
Opere grafiche militanti ed oltre
di Francesca Briganti
La vita è una giungla con molte regole. Si impara ad attraversarla osservando, ascoltando e improvvisando.
L’improvvisazione costituisce un esercizio necessario alla sopravvivenza e una pratica culturale, prima ancora che musicale, che crea nuovi universi e una nuova visione dell’organizzazione estetica, etica e politica delle nostre vite.
È una trasformazione del mondo e di noi stessi, è la logica della creatività, ed è ciò che caratterizza il lavoro di Andrea Pinchi.
La sua arte riflette la sua personalità, la sua storia, i suoi percorsi.
Suggestioni sempre diverse, che gli concedono assoli meravigliosi, di pura energia. Autentiche espressioni dell’anima di chi sa muoversi nella giungla e si ribella a ciò che è determinato, battendo strade inesplorate.
Nella sua arte, come nella vita, sperimenta i cambiamenti, seguendo solo il suo istinto.
Passando attraverso un brano dei Medesky Martin & Wood, crea un idioma ipnotico, etereo, complesso e patinato. Un linguaggio fatto di brevi sessioni, di stili diversi, contrapposti che creano un’unica armonia.
Sperimenta.
Guidato dall’istinto si lascia trasportare dovunque voglia, tra reminescenze del vissuto, emozioni del vivibile e le suggestioni ancora da vivere.
Ed ecco dunque che il “Piombo” diventa non solo il materiale che veicola il suono dei suoi organi, ma è anche un ricordo che lo riporta agli anni difficili della contestazione.
Da protagonista della trasformazione della società che percorse tutti gli anni settanta, ci racconta, un periodo di insicurezza e pericolo, il periodo del conflitto politico e culturale più duro che si sia mai verificato dall’unità d’Italia. Un periodo in cui la contestazione ramificò in tutti i luoghi, tra le classi e dentro la classe, quando la società sembrava sempre più divisa e mai così unita (Fasciocomunista).
D’altra parte in questa giungla che è la vita, si improvvisa di fronte agli ordinari piccoli imprevisti, come davanti ai grandi eventi esistenziali, per i quali non disponiamo di un copione già noto e per i quali è sempre necessaria una “creazione estemporanea”.
Ma la capacità d’improvvisazione di Andrea, è tutt’altro che estemporanea, è dovuta alla conoscenza profonda delle regole e dei materiali utilizzati, che lo avvicinano spesso a principi artistici figurativi, spesso evitati e nascosti, spesso sottesi, affidati all’emozione per trasmissione d’ascolto dell’anima.
Lui vuole davvero esprimere se stesso, da completo “Outsider”, si ispira alla vita, seguendo il desiderio, di produrre qualcosa che racconta di se e ed ogni volta è diversamente ispirato ed entusiasta.
Ciò che gli interessa è trasferire la sua energia allo spazio determinato di una tela, dove costruisce qualcosa di concreto, reale, e trova sempre un nuovo modo, una piccola variazione, un nuova melodia che crea quell’alchimia perfetta che è la sua opera.
È capace di radunare le più diverse sapienze artistiche ponendole al libero confronto, utilizzandole come leva verso un oltre, che spinge la sua arte in “un posto al limite tra il noto e l’ignoto”, diceva Steve Lacy a proposito del Jazz “ed è verso l’ignoto che bisogna spingersi, sempre, altrimenti è la sua morte, e la nostra…”.
Dimensioni_parallele:
Quello presentato da Andrea Pinchi e Armando Moriconi qui alla Mini Gallery di Assisi, è un ipotetico Universo parallelo, che aspetta solo di essere scoperto con gli occhi. La loro particolare visione, ci trasporta nell’immensità del cosmo , tra figure pure e colte, che popolano i loro favolosi mondi, fatti di “meteore” e “passeggiate sulla luna”, lontano dalla corrotta Terra.
“Anime in fiamme”, “Piume di stelle”,”Elementi ancestrali”, “Forme cosmiche”, si muovono, cercando di ricreare idealmente, una piccolissima porzione di cosmo.
In un mondo fatto di paradossi, di assurdità e di nonsensi, questa è la realtà ideale raccontata da Andrea e Armando. È così che si connettono due “Dimensioni parallele”, con la presa di coscienza dell’Universo possibile, che apre ad una comunicazione ancora più vasta con il Tutto. Due ramificazioni del cosmo. Due possibili universi coesistenti, posizionati uno accanto all’altro. Entrambi umbri, entrambi legati fortemente alla terra e alle tradizioni, ma con lo sguardo aperto verso il cielo. Una coscienza chiara per i materiali nobili, eleganti, vivi. Una precisione elaborativa impeccabile, una notevole decisione formale, una sensibilità forte per le tradizioni.
I lavori di Andrea sono frammenti di cielo, amabilmente descritti, dal suo personale dialogo tra musica e arte, fra materia e anima. Perché è dalla musica che parte la sua raffinata arte, dalle note ultraterrene di un organo a canne, che emoziona e fa pregustare in terra un armonia sublime, regola suprema di bellezza del suo Universo. I suoi lavori sono accordi e simmetrie di puro colore, resine, stagno, strisce di pelle che hanno attraversato i secoli e che ritrovano una nuova essenza un nuovo corpo. Strumenti al servizio delle anime, provenienti da altri mondi, che ci fanno penetrare nel profondo del cielo, per una nuova esperienza estetica, dove le parole, così limitate ed imperfette, cedono il posto alla pura e sublime melodia dei suoi lavori.
Andrea eleva la materia, le dà nuova vita, rendendo immortale e indimenticabile ciò che è ignoto e perituro. In un meraviglioso e coinvolgente conflitto tra ciò che era, ciò che è e ciò che vuole essere…
Le sculture di Armando sembrano come precipitate sulla terra, oggetti di altri mondi, che fluttuano e ci ricordano entità fisiche primordiali. Manipolando la luce riflessa dalle sculture lucidate a specchio, si apre una finestra su altre realtà possibili. Una porta spazio temporale, che conduce in altre dimensioni dell’esistenza. Un mondo immaginario coeso e dotato di una coerenza interna che chiede di essere toccato, esplorato.
Forme essenziali, originali e stilisticamente rigorose, che sprigionano la tensione e la perfezione del marmo nero del Belgio, la variazione di colore rosso della pietra d’assisi, l’energia refrattaria della materia. Armando esplora tutti i territori della scultura, sperimenta tutti materiali, grezzi, lucidi: pietra , bronzo, marmo, alabastro, come in un viaggio immaginario all’interno del cosmo alla ricerca di una forma pura. Il suo stile è pulito ed essenziale. I suoi lavori restano in balia della luce, che influenza il modo di vedere le forme. Tutto è studiato, dalla disposizione spaziale al piedistallo, dal colore venato del marmo all’ incidenza della luce sulla forma, in una continua ricerca dell’ essenziale, della forma perfetta, assoluta. Un esperienza tattile, che lascia spazio all’immaginazione. un calcolato equilibrio tra superfici lisce ed eleganti e parti volutamente lasciate rozze e primitive. Un linguaggio autonomo, puro, spoglio, primordiale, semplice, dove “La semplicità” , come affermava Brâncuşi, “non è altro che una complessità risolta”.
Un viaggio immaginario all’interno del cosmo e della sua immensità, tra realtà parallele, come in un racconto, alla ricerca affamata delle risposte alle domande esistenziali che solo chi ha il privilegio di pensare in libertà potrà mai porsi.
ANIME ORGANICHE
a cura di Alessia Vergari
Le “anime” di Andrea Pinchi sono il punto di partenza per un viaggio nella spiritualità e sacralità dell’essere umano e degli oggetti.
Frammenti di stoffa, pelle, stagno e piombo fanno da tramite per un altro mondo, come una piccola porta socchiusa dove il visitatore della mostra può e deve attraversare e perdersi per comprendere a pieno il significato del suo lavoro.
Una volta aperta e attraversata quella porta ti accorgi della capacità catalizzatrice delle sue opere: le sue anime gridano immagini, visioni di una sensibilità in cui la storia del materiale utilizzato è solo un mezzo per amplificare il “sentire” dell’artista, che restituisce alla realtà più di quello che prende.
Gli scarti di un mestiere si caricano di altre emozioni, intuizioni e nuovi significati che l’autore carpisce da situazioni e persone, da un mondo questa volta non fatto di materia ma di luce intangibile.
Perchè se è vero che l’oggetto, la musica e la materia sono centrali, è l’invisibile il vero protagonista delle sue opere.
Essere artista per Andrea vuol dire creare: un demiurgo che cerca di cogliere il più possibile da quella terra di mezzo che esiste tra la dimensione reale e spirituale